Il mondo alla roversa o sia Le donne che comandano, libretto, Torino, Stamperia Reale, 1752 (Il mondo al rovescio o sia Le donne che comandano)

 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 TULLIA, CINTIA, AURORA, precedute da coro di donne, le quali portano seco loro delle catene e delle vittoriose insegne. Mentre si canta il coro, gli uomini s’incatenano
 
 TULLIA, CINTIA, AURORA
 
    Presto, presto, alla catena,
 alla usata servitù.
 
 CORO
 
    Non fa scorno e non dà pena
 volontaria schiavitù.
 
 TULLIA
5Ite all'opre servili
 e partite fra voi le cure e i pesi.
 Altri alla rocca intesi,
 altri all'ago, altri all'orto o alla cucina,
 dove il nostro comando or vi destina.
 AURORA
10Obbedite, servite e poi sperate,
 che il regno delle donne
 è di speranza pieno.
 Se goder non si può, si spera almeno.
 CINTIA
 E chi vive sperando,
15per sua felicità muore cantando.
 CORO
 
    Presto, presto, alla catena,
 alla usata servitù.
 
    Non fa scorno, non dà pena
 volontaria schiavitù. (Partono gli uomini incatenati, condotti dalle donne. Le tre suddette scendono dal carro, il quale si fa retrocedere per la parte dond’è venuto)
 
 SCENA II
 
 TULLIA, CINTIA e AURORA
 
 TULLIA
20Poiché del viril sesso
 abbiam noi sottomesso il fier orgoglio,
 tener l'abbiamo incatenato al soglio.
 Ma quai credete voi,
 mie fedeli compagne e consigliere,
25fian migliori i progetti,
 gli uomini per tenere a noi soggetti?
 CINTIA
 Questo nemico sesso,
 di natura superbo ed orgoglioso,
 scuote e lacera il fren, quand'è pietoso.
30Col rigor, col disprezzo,
 soglion le scaltre donne
 tener gli uomini avvinti e incatenati.
 Se sono innamorati,
 tutto soglion soffrire e quanto sono
35più sprezzanti le donne e più crudeli,
 essi sono più pazienti e più fedeli.
 AURORA
 È ver, ma crudeltà consuma amore.
 Il consiglio migliore
 credo sia il lusingarli;
40finger ognor d'amarli,
 accenderli ben bene a poco a poco
 e poi del loro amor prendersi giuoco.
 TULLIA
 Né troppo crude né pietose troppo
 essere ci convien, poiché il disprezzo
45eccita la pietà soverchio usata.
 La fierezza è temuta e non amata.
 Regoli la prudenza
 il femminile impero.
 Or clemente, or severo
50il nostro cor si mostri
 ed il sesso virile a noi si prostri.
 CINTIA
 Ognun pensi a suo senno; io vo' costoro
 aspramente trattar; voglio vederli
 piangere, sospirare,
55fremere, delirare;
 e vo' che, dopo un lungo
 crudo servire e amaro,
 un leggiero piacer mi paghin caro. (Parte)
 
 SCENA III
 
 TULLIA ed AURORA
 
 TULLIA
 Aurora, ah non vorrei
60che per troppo voler s'avesse a perdere
 l'acquistato finor dominio nostro.
 Donne alfin siamo e a noi
 forza non diè natura
 che nei vezzi, nei sguardi e in le parole.
65Spade e lancie trattar, loriche e scudi,
 non è cosa da noi. Se l'uom si scuote,
 val più un braccio di lui che dieci destre
 di femmine vezzose e tenerelle
 ch'hanno il loro potere in esser belle.
 AURORA
70Tullia, voi, per dir vero,
 saggiamente parlate e a voi la sorte
 diè sesso femminile
 ma il senno ed il saper piucché virile.
 TULLIA
 Raguniamo il consiglio,
75facciam che stabilite
 sian leggi migliori, onde si renda
 impossibile all'uom scuotere il giogo.
 Che se l'uomo ritorna ad esser fiero
 farà strage crudel del nostro impero.
 
80   Fiero leon, che audace
 scorre per l'ampia arena,
 soffre la sua catena
 e minacciar non sa.
 
    Ma se quei lacci spezza,
85ritorna alla fierezza,
 stragi facendo ei va.
 
 SCENA IV
 
 AURORA, poi GRAZIOSINO
 
 AURORA
 Che piacer, che diletto
 puol recar alla donna il fier rigore.
 Il trattar con amore
90gli uomini a noi soggetti
 soffrir li fa la servitude in pace
 e la femmina gode e si compiace.
 Io fra quanti son presi ai lacci nostri
 amo il mio Graziosino,
95amoroso, fedele e semplicino,
 e lo tratto, perché mi adori e apprezzi,
 con soavi parole e dolci vezzi.
 Elà. (Esce un servo) Venga qui tosto
 Graziosino, lo schiavo a me soggetto.
100Infatti il poveretto (Parte il servo)
 merita ch'io li faccia buona ciera,
 se mi serve e mi fa da cameriera.
 Eccolo ch'egli viene. Ehi Graziosino.
 GRAZIOSINO
 Signora. (Viene facendo le calze)
 AURORA
                    Cosa fate?
 GRAZIOSINO
105Lavoro in fretta in fretta
 e in tre mesi ho fatt'io mezza calzetta.
 AURORA
 Lasciate il lavorar. Venite qui.
 GRAZIOSINO
 Bene, signora sì.
 AURORA
 Obbedirete sempre i cenni miei?
 GRAZIOSINO
110Io faccio quello che comanda lei.
 AURORA
 Caro il mio Graziosino,
 siete tanto bellino.
 GRAZIOSINO
 Mi fate vergognar.
 AURORA
                                     Vi voglio bene;
 e vederete del mio amore il frutto.
 GRAZIOSINO
115Queste parole mi consolan tutto.
 AURORA
 Baciatemi la mano.
 GRAZIOSINO
                                      Gnora sì.
 AURORA
 Perché voi mi piacete,
 vi fo queste finezze.
 GRAZIOSINO
 Oh benedette sian le mie bellezze!
 AURORA
120Ma vuo' che siate attento
 a servirmi, qualora vi comando.
 La mattina per tempo
 mi recarete il cioccolato al letto;
 mi scaldarete i panni;
125mi dovrete allestir la tavoletta;
 starete in anticamera aspettando
 per entrar il comando;
 e se verranno visite a trovarmi
 voi dovrete avvisarmi
130e come fanno i buoni servitori
 voi dovrete aspettar e star di fuori.
 GRAZIOSINO
 Di fuori?
 AURORA
                    Vi s'intende.
 GRAZIOSINO
 E dentro?
 AURORA
                      Signor no.
 Aspettar voi dovrete.
 GRAZIOSINO
                                         Aspetterò.
 AURORA
135Se farete così, vi vorrò bene.
 GRAZIOSINO
 Sì cara, farò tutto.
 Farò la cameriera;
 farò la cuciniera;
 farò tutte le cose più triviali;
140laverò le scudelle e gli orinali.
 AURORA
 In cose tanto abiette
 impiegarvi non vuo'. Voi siete alfine
 il mio caro, il mio bello,
 il mio amor tenerello,
145il mio fedele amato Graziosino,
 tanto caro al mio cor, tanto bellino.
 
    Quegl'occhietti sì forbetti
 m'hanno fatta innamorar,
 quel bocchino piccinino
150mi fa sempre sospirar;
 
    caro il mio bene,
 dolce mia spene,
 sempre sempre
 ti voglio amar.
 
155   (Ei gode tutto
 e questo è il frutto
 della lusinga.
 Ami o la finga
 donna che vuole
160l'uomo incantar).
 
 SCENA V
 
 GRAZIOSINO solo
 
 GRAZIOSINO
 Oh che gusto, oh che gusto! Ah che mi sento
 andar per il contento il cor in brodo.
 Graziosin fortunato! Oh quanto io godo.
 Non si può dar nel mondo
165piacer che sia maggiore
 d'un corrisposto amore. Amano le belve,
 amano i sordi pesci, aman gli augelli,
 le pecore e gli agnelli;
 amano i cani e i gatti
170e quei che amar non san son tutti matti.
 
    Quando gli augelli cantano,
 amor li fa cantar;
 e quando i pesci guizzano,
 amor li fa guizzar.
 
175   La pecora, la tortora,
 la passera, la lodola
 amor fa giubbilar.
 Oh che piacer amabile!
 Oh che gustoso amar!
 
180   Farò lo cuoco, farò lo sguatero;
 laverò i piatti, ed ettecetera,
 perché l'amore mi faccia il core
 muovere, ridere e giubbilar.
 
 SCENA VI
 
 GIACINTO collo specchio in mano guardandosi con caricatura
 
 GIACINTO
 
    Se il bel Giacinto dicono a me,
185quest'è verissimo, che così è.
 Son ben piantato. Son ben tagliato.
 Son tutto insieme una beltà.
 
    E questo ciglio sì ben arcato,
 quest'occhio piccolo nero morato
190non c'è il più bello nella città.
 
 E pur, è ver? al gesto,
 al portamento, all'aria, all'andatura
 un miracol io son della natura.
 Di queste belle, è ver, schiavo son io.
195Ma certo il lor cor, di tutte, è mio.
 O turba d'amatori, or dove siete,
 perché a me non correte
 a incoronarmi il crine,
 il bello io son di tutte ste roine.
 CINTIA
200(Ecco il bell'amorino). (Ironicamente)
 GIACINTO
 Mia sovrana, mio nume, a voi m'inchino.
 CINTIA
 E ben, che fate qui?
 GIACINTO
                                       Qual farfalletta
 d'intorno al vostro lume
 vengo, mia bella, a incenerir le piume.
 CINTIA
205Parmi con più ragione
 vi potreste chiamare un farfallone.
 GIACINTO
 Quella vezzosa bocca
 non pronuncia che grazie e bizzarie.
 CINTIA
 La vostra non sa dir che scioccherie.
 GIACINTO
210Deh lasciate ch'io possa
 coll'odoroso fiato
 de' miei caldi sospiri
 quelle belle incensar guancie adorate.
 CINTIA
 Andate via di qua; non mi seccate.
 GIACINTO
215Ah, se sdegnate, o bella,
 i fumi del mio cor, porterò altrove
 il mio guardo, il mio piede,
 il mio affetto sincero e la mia fede.
 CINTIA
 Olà, così si parla?
220Voi staccarvi da me? Voi d'altra donna
 servo, schiavo ed amante?
 Temerario, arrogante!
 Voi dovete soffrir le mie catene.
 GIACINTO
 Qual mercede averò?
 CINTIA
                                          Tormenti e pene.
 GIACINTO
225Giove, Pluton, Nettunno,
 dei tremendi e possenti,
 voi che udite gli accenti
 d'una donna spietata,
 sprezzate voi questa catena ingrata.
230Sì sì, Nettun m'inspira.
 Giove mi dà valore,
 Pluto mi dà furore,
 perfida tirannia,
 umilmente m'inchino e vado via.
 CINTIA
235Fermatevi, ed avrete
 tanto cor di lasciarmi?
 Voi diceste d'amarmi,
 di servirmi fedel con tutto il core,
 ed ora mi lasciate? Ah traditore!
 GIACINTO
240Ma se voi mi sprezzate,
 se voi mi dilegiate,
 come s'io fossi un uom zotico e vile,
 e studio invan di comparir gentile.
 CINTIA
 Senza studiar, voi siete
245abbastanza gentil, grazioso e bello,
 quell'occhio briconcello,
 quel vezzoso bocchin, quel bel visetto
 m'hanno fatta una piaga in mezzo al petto.
 GIACINTO
 Dunque, cara, mi amate.
 CINTIA
                                                Sì, v'adoro.
 GIACINTO
250Idol mio, mio tesoro,
 lingua non ho bastante
 per render grazie al vostro dolce amore.
 Concedete il favore
 che rispettosamente
255e umilissimamente
 io vi possa baciar la bella mano.
 CINTIA
 Oh signor no; voi lo sperate invano.
 GIACINTO
 Ma perché mai? Perché?
 CINTIA
 Queste grazie da me
260non si han sì facilmente.
 GIACINTO
 Io morirò.
 CINTIA
                      No me n'importa niente.
 GIACINTO
 Dunque se non v'importa,
 d'altra bella sarò.
 CINTIA
                                  Voi siete mio.
 GIACINTO
 Ah quel dolce rigor più m'incatena!
265Soffrirò la mia pena,
 morirò, schiatterò, se lo bramate.
 Basta, bell'idol mio, che voi mi amate.
 
    Cara quei occhi belli
 sono due solfanelli
270e polvere di botto
 tutto son io mio ben.
 Perciò di sopr'e sotto
 un terremoto ho in sen.
 
    Vicin'alle tue ciglia
275la polvere s'accende
 e 'l fuoco in me s'appiglia
 e tal vigor ei prende
 che fa venirmi men.
 
 SCENA VII
 
 CINTIA, poi TULLIA
 
 CINTIA
 Oh quanto mi fan ridere
280con questo sospirar, con questo piangere,
 gli uomini non s'avveggono
 che quanto più le pregano
 le donne insuperbite più diventano
 e gli amanti per giuoco allor tormentano.
 TULLIA
285Cintia, che mai faceste
 al povero Giacinto? Egli sospira.
 Egli smania e delira;
 ah, se così farete,
 l'impero di quel cor voi perderete.
 CINTIA
290Anzi più facilmente
 lo perderei colla pietade e i vezzi.
 Gli uomini sono avvezzi
 per la soverchia nostra
 facilità del sesso
295a saziarsi di tutto e cambiar spesso.
 
    Giovinotti innamorati
 io di voi mi prendo giuoco
 nel vedervi sospirar.
 
    A me piace il mio rigor.
300Quando l'uom si sfoga in pianto,
 scherzo, rido e god'intanto
 dal piacer di trionfar.
 
 SCENA VIII
 
 TULLIA, poi RINALDINO
 
 TULLIA
 Ma io, per dir il vero,
 sono di cor più tenero di lei,
305son con gli amanti miei
 quanto basta severa ed orgogliosa;
 ma son, quando fia d'uopo, anco pietosa.
 Talor fingo il rigore,
 freno di lor l'affetto e la baldanza,
310fra il timore li tengo e la speranza.
 RINALDINO
 Tullia, bell'idol mio,
 de' vostri servi il più fedel son io,
 deh oziosa non lasciate
 la mia fede, il mio zelo,
315che sol quando per voi, bella, m'adopro,
 felicità nel mio destino io scopro.
 TULLIA
 Dite il ver Rinaldino,
 siete pentito ancor d'avervi reso
 suddito e servo mio? Vi pesa e incresce
320della smarrita libertà primiera,
 sembravi la catena aspra e severa?
 RINALDINO
 Oh dolcissimi nodi,
 sospirati, voluti e cari sempre
 al mio tenero cor! Sudino pure
325sotto l'elmo i guerrieri; Astrea tormenti
 i seguaci del foro; e di Galeno
 sui fogli malintesi
 studi e s'affanni il fisico impostore,
 io seguace d'amore,
330fuor della turba insana
 di chi mena sua vita in duri stenti,
 godo, vostra mercé, pace e contenti.
 TULLIA
 Noi con pietà trattiamo
 i vassalli ed i servi e non crudeli
335siamo coll'uom, qual colla donna è l'uomo,
 noi da' consigli escluse,
 prive d'autorità, come se nate
 non compagne dell'uom ma serve e schiave,
 solo ad opre servili
340condannate dal vostro ingrato sesso,
 far per noi si dovria con voi lo stesso.
 Ma nostra autorità, nostro rigore
 temprerà dolce amore
 ed il vostro servir, che non fia grave,
345sarà grato per noi, per voi soave.
 
    Cari lacci, amate pene
 d'un fedele amante core
 che ha saputo al dio d'amore
 consecrar la libertà.
 
350   Se vicino al caro bene,
 non risente il suo tormento
 ma ripieno di contento
 il destin lodando va.
 
 SCENA IX
 
 RINALDINO solo
 
 RINALDINO
 Dov'è, dov'è chi dice
355che dura ed aspra sia
 d'amor la prigionia? Finché un amante
 vive dubbioso e incerto
 fra il dovere e l'amor, fra il dolce e il giusto,
 pace intera non ha ma poiché tutto
360s'abbandona al piacer gode e non sente
 i rimorsi del cor... Ma oh dio purtroppo
 li risento al mio sen, malgrado al cieco
 abbandono di me fatto al diletto
 e mi sgrida l'onore, a mio dispetto.
365Ah! Che farò? Si studi,
 se possibile sia, scacciar dal core
 il residuo fatal del mio rossore.
 
    Fra cento affanni e cento
 palpita l'alma e sento
370che invan da sue catene
 bramo disciolto il core.
 
    Mille soavi pene
 dolce mi dan martire
 e invan bramo e sospiro
375l'antica libertà.
 
 SCENA X
 
 GIACINTO ed AURORA
 
 GIACINTO
 Oh Diana mia gentile.
 AURORA
                                           Vago Ateone.
 GIACINTO
 Piacemi il paragone,
 poiché son vostro amante e vostro servo,
 ma ohimè, che Ateone è diventato un cervo!
 AURORA
380Io crudele non son qual fu la dea.
 GIACINTO
 Né io sarò immodesto
 qual fu il pastor dolente.
 AURORA
 Siete bello e prudente.
 GIACINTO
 Tutta vostra bontà.
 AURORA
385Giacinto in verità
 voi mi piacete assai.
 GIACINTO
 Arder tutto mi sento ai vostri rai.
 
 SCENA XI
 
 CINTIA e detti
 
 CINTIA
 (Con Aurora Giacinto!)
 AURORA
 Ma voi di Cintia siete.
 GIACINTO
390Più di lei mi piacete.
 Parmi che il vostro bello
 mi renda assai più snello,
 miratemi nel volto a poco a poco,
 come per vostro amor son tutto fuoco.
 CINTIA
395Acqua, acqua, padrone, acqua vi vuole
 il fuoco ad ammorzar.
 GIACINTO
                                           Oh Cintia mia,
 ardo d'amor per voi.
 CINTIA
 Ingannarmi non puoi,
 ho le parole tue tutte ascoltate.
 GIACINTO
400Deh mia vita...
 CINTIA
                              E saranno bastonate.
 GIACINTO
 Bastonate a un par mio? Deh Aurora, a voi
 l'onor mio raccomando.
 AURORA
 Siete schiavo di Cintia, io non comando.
 CINTIA
 E voi gentil signora
405vi dilettate di rapire altrui
 il vassallo e l'amante?
 AURORA
 Faccio quello ancor io che fanno tante.
 CINTIA
 Ma con me nol farete.
 AURORA
                                          Allor che sappia
 di darvi gelosia,
410voi dovrete tremar dell'arte mia.
 CINTIA
 Distrutto in questa guisa
 nostro impero sarà.
 AURORA
                                       Poco m'importa,
 pria che ceder al vostro
 fasto superbo e altero,
415vada tutto sossopra il nostro impero.
 CINTIA
 Giacinto andiamo.
 GIACINTO
                                     Vengo.
 AURORA
                                                    Crudel, voi dunque
 mi lasciate così?
 GIACINTO
                                 Ma se conviene...
 CINTIA
 Si viene o non si viene?
 GIACINTO
                                              Eccomi lesto.
 AURORA
 Morirò, se partite.
 GIACINTO
                                    Eccomi, io resto.
 CINTIA
 
420   Venite o ch'io vi faccio
 provare il mio furore.
 
 AURORA
 
    Ingrato, crudelaccio,
 voi mi strappate il cor.
 
 GIACINTO
 
    (Mi trovo nell'impaccio
425fra amore e fra timor).
 
 CINTIA
 
    Voi siete il servo mio.
 
 GIACINTO
 
 È vero, sì signora.
 
 AURORA
 
 Amante vi son io.
 
 GIACINTO
 
 Anco il mio cor v'adora.
 
 CINTIA
 
430Voglio esser obbedita.
 
 GIACINTO
 
 Ed io v'obbedirò?
 
 AURORA
 
 Non merto esser tradita.
 
 GIACINTO
 
 Io non vi tradirò.
 
 CINTIA
 
    E ben che risolvete?
 
 GIACINTO
 
435Mie belle, se volete,
 io mi dividerò.
 Contente voi sarete,
 non dubitate, no.
 
 CINTIA
 
    Di qua non vi partite.
 
 AURORA
 
440Adesso tornerò.
 
 GIACINTO
 
    Contente voi sarete,
 non dubitate, no. (Partono le due donne)
 
    Questo è un imbroglio;
 no, più non voglio
445farmi sì bello,
 perde il cervello
 chi mi rimira,
 ognun sospira
 per mia beltà.
 
 CINTIA, AURORA A DUE
 
450   Ecco ritorno,
 eccomi qua.
 
 GIACINTO
 
    Belle mie stelle
 chiedo pietà.
 
 AURORA
 
    Questo è il mio core (Gli presenta un core)
455per voi piagato.
 
 CINTIA
 
 Questo è un bastone (Gli mostra un bastone)
 per voi serbato.
 
 GIACINTO
 
 Son imbrogliato.
 
 AURORA
 
 Se lo bramate,
460ve lo darò.
 
 CINTIA
 
 Di bastonate
 v'accopperò.
 
 GIACINTO
 
    (L'una: «Ti dono»,
 l'altra: «Bastono»;
465quella il furore,
 questa l'amore,
 cosa farò?)
 Via risolvete.
 
 CINTIA, AURORA A DUE
 
 Risolverò.
 
 GIACINTO
 
470   La vostra tirannia (A Cintia)
 piacere non mi dà.
 La vostra cortesia (Ad Aurora)
 contento ognor mi fa.
 
 AURORA
 
    Venite dunque meco.
 
 GIACINTO
 
475Con voi mi porterò.
 
 CINTIA
 
    Briccon, se parti seco,
 io ti bastonerò.
 
 GIACINTO
 
    Da voi le bastonate,
 da lei gli amplessi avrò.
 
 CINTIA
 
480   Indegno, scellerato,
 io mi vendicherò.
 
 CINTIA, AURORA A DUE
 
    (Gridate, strepitate,
 intanto goderò).
 
 Fine dell’atto primo